IL SATURIMETRO

Durante la pandemia COVID19 uno degli strumenti più menzionati è stato il saturimetro.
Questo semplice apparecchio serve per sapere la quantità di ossigeno presente nel sangue che si è riusciti ad acquisire durante il processo di respirazione.

L’aria che inspiriamo attraverso la respirazione contiene il 21% di ossigeno. Durante il processi di inspirazione, il diaframma (il muscolo che separa la cavità toracica da quella addominale) si contrae e contemporaneamente i muscoli intercostali si contraggono e spingono in alto e in fuori la cassa toracica: all’interno della cassa toracica si crea una depressione e l’aria viene richiamata per compensare questa differenza di pressione (in poche parole i polmoni sono come dei palloncini non vincolati alla cassa toracica). Dopo essere entrata da bocca e naso, passa attraverso la faringe, la laringe, la trachea, i bronchi fino a raggiungere, infine, i polmoni. Quando l’aria giunge ai polmoni, a livello di alveoli polmonari avviene uno scambio gassoso grazie a cui l’ossigeno contenuto nell’aria inspirata entra nel circolo sanguigno, mentre l’anidride carbonica entra nel circolo dell’espirazione: il diaframma si rilascia assieme ai muscoli intercostali e i polmoni vengono compressi: l’aria in pressione tende ad uscire e, ripercorrendo in senso inverso le vie respiratorie, viene espulsa (vi è circa il 5% di anidride carbonica e il 16% di ossigeno residuo…).

I soccorritori, durante la valutazione ABCDE (Airways, Breathing, Circulation, Disability, Exposure) che si esegue sul paziente, posizionano l’apparecchio al punto B (dall’inglese Breathing=Respirazione) durante il quale si esegue OPACS (sigla che significa di Osservo, Palpo, Ascolto, Conto, Saturazione).

I valori possono essere così classificati

  • 100%->96%: Saturazione ottimale
  • 95%->91%: Saturazione sufficiente
  • 90%->86%: Saturazione insufficiente
  • 85% o inferiore: grave ipossia

L’emoglobina è la proteina che rende rosso il sangue. È composta di quattro catene proteiche, due catene alfa e due catene beta, ognuna con un eme a forma di anello che contiene un atomo di ferro al centro. L’ossigeno si lega in modo reversibile agli atomi di ferro e così viene trasportato attraverso il sangue.
L’emoglobina è una straordinaria macchina molecolare che usa il movimento di piccole variazioni strutturali per regolare la sua azione. Nei polmoni, l’ossigeno che inaliamo si lega al ferro nelle molecole di emoglobina, questo fa sì che essa diventi di colore rosso vivo. L’emoglobina ossigenata, o ossiemoglobina, viene trasportata dai polmoni attraverso le arterie, nelle arteriole più strette e poi nei piccoli capillari. I capillari rilasciano l’ossigeno alle cellule dei tessuti, che lo utilizzano per produrre energia. Questo sangue ricco di ossigeno si chiama sangue arterioso. Quando l’emoglobina cede il suo ossigeno alle cellule cambia da rosso vivo a rosso scuro o bluastro/violaceo. L’emoglobina deossigenata viene trasportata ai polmoni attraverso le venule e le vene per raccogliere una nuova riserva di ossigeno. Questo sangue povero di ossigeno si chiama sangue venoso.

Il principio di funzionamento del pulsossimetro è quindi presto detto: sulla parte superiore che viene posizionata sul lato dell’unghia vi è una sorgente luminosa a due componenti, uno rosso visibile e uno infrarosso non visibile. Dalla porta opposta, sotto il dito vi è un fotorilevatore che capta la luce emessa dalla sorgente. In mezzo vi è il dito che funge da “resistenza”.

Conoscendo pertanto il valore di luce emessa e di luce rilevata e prendendo in considerazione solo la componente pulsatile (rappresentata dal sangue arterioso), l’apparecchiatura è in grado di calcolare il valore di saturimetria e il numero delle pulsazioni cardiache.
La quantità di luce trasmessa attraverso i tessuti è quindi convertita in un valore numerico che rappresenta la percentuale di emoglobina satura di ossigeno.

Per questo il monossido di carbonio CO (che ricordo essere gas incolore, inodore e insapore, leggermente meno denso dell’aria ma soprattutto estremamente tossico), sostituisce rapidamente l’ossigeno nel gruppo eme, formando un complesso stabile chiamato carbossiemoglobina, 300 volte più stabile di quello formato dall’ossigeno e risulta è difficile da rimuovere. Questo abuso dei gruppi eme impedisce all’ossigeno di legarsi al ferro per essere trasportato ai tessuti, e può portare alla morte per soffocamento. Il monossido di carbonio inoltre non rende scuro il sangue pertanto e, in caso di ambiente con concentrazioni di CO superiori a circa 35 ppm, il paziente potrebbe presentare valori di saturimetria corretti letti dallo strumento che viene “ingannato”.
Anche le unghie troppo lunghe sono un problema perché il polpastrello potrebbe non cade nel raggio d’azione del fascio luminoso che effettua la misura così come lo smalto o le unghie gel: gli smalti moderni non causano valori più bassi generalmente, ma è meglio toglierli mentre le unghie gel potrebbero generare falsi risultati dovuti alla formulazione del gel.
Infine, le mani fredde: il freddo ha funzione di vasocostrittore e quindi il sangue scorre molto più lentamente nei capillari vasocostretti comportando una permanenza maggiore nel vaso sanguigno dove l’ossigeno continua a essere consumato dai tessuti che lo utilizzano, senza poter essere sostituito da una adeguata quantità di nuovo sangue ossigenato che arriva. Il pulsossimetro leggerà pertanto un valore inferiore a quello che è realmente trasportato nel corpo umano.

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